Vini Zabù, Angelo Citracca e Luca Scinto rinviati a giudizio dal tribunale di Pistoia nell’ambito dell’inchiesta per doping ed estorsione

Angelo Citracca e Luca Scinto rinviati a giudizio dal tribunale di Pistoia. L’udienza preliminare che li vedeva indagati nell’ambito di una doppia inchiesta dei NAS di Firenze incentrata su accuse di doping ed estorsione nel team Vini Zabù si è conclusa ieri e il giudice ha deciso per il rinvio a giudizio di entrambi: il primo con l’accusa di estorsione ai danni di un atleta e tentata estorsione ai danni della moglie di questi e di un altro atleta; il secondo con l’accusa di estorsione in concorso con Citracca e ricettazione per aver detenuto fogli con il timbro della Asl, che avrebbe usato per produrre richieste mediche di sostanze dopanti. Assieme a loro è stato rinviato a giudizio anche Davide Del Sarto, 49 anni, di Carrara e residente a Massa, ex direttore sportivo del ciclista Matteo De Bonis, difeso dall’avvocato Giulio Frediani di Massa, con l’accusa di tentata estorsione in concorso con Citracca.

Scinto, assieme a sei atleti, è stato prosciolto dalle accuse di doping durante una gara a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti per difetto di procedibilità, mentre il giudice, come riporta La Nazione, “in relazione ad un altro fatto di doping per il quale sono accusati Scinto e Liam Bertazzo, 33 anni, nato ad Este e residente a Tribano (Padova), difeso dall’avvocato Stefano Malfatti di Padova, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio, mandando gli atti al Tribunale di Forlì”. Due persone si sono invece dichiarate parti civili, si tratta dell’ex ciclista Luca Wackermann e di sue moglie Ilaria Ingrao.

Le prime indagini risalgono al 2021, a seguito della positività di Matteo De Bonis, ma i controlli si sono uniti a quanto era stato segnalato dall’Agenzia Antidoping Svizzera che aveva segnalato al Nucleo Specializzato dell’Arma un report scaturito da alcune segnalazioni anonime ricevute sulle propria piattaforma, portando così a un secondo filone dell’inchiesta a seguito di “forti pressioni psicologiche e pratiche vessatorie esercitate dal management per indurre gli atleti a restituire parte degli ingaggi”, secondo il cosiddetto modello paga per correre.

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